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Uomini e Idee

Il "paradosso" della religione in Franco Lombardi

pubblicato 6 dic 2012, 22:52 da La redazione uominieidee   [ aggiornato in data 6 dic 2012, 22:56 ]
                                                                                               di: Francesca Ghione                                                                                                              
 
 Introduzione

Prima di affrontare il vero e proprio argomento del presente saggio, è neces­sario passare in rassegna alcuni concetti fondamentali della filosofia lombardiana, senza i quali il problema della religione in Lombardi, di cui qui si vuole par­lare, risulterebbe incomprensibile.

In primo luogo, bisogna tener presente cosa intende Lombardi per il concet­to di filosofia tradizionale. Infatti essa comprende in sé sia il pensiero occiden­tale che quello orientale, ma applicando al secondo schemi che in realtà appar­terrebbero alla mentalità occidentale. Di conseguenza egli non spiega in modo chiaro e convincente perché tiene alla distinzione tra filosofia occidentale e filo­sofia orientale. Infatti si limita a constatare che i concetti di "filosofia" e di "reli­gione" sono diversi nei due tipi di culture. Tuttavia egli distingue il loro modo di porsi di fronte alla speculazione: «[...] ciò che caratterizza 1' atteggiamento indiano rispetto all’atteggiamento del pensatore europeo, è che, dove il primo si ferma a notare le concordanze - o le differenze - di un pensatore come Piotino, o anche come Hegel, con il pensiero indiano antico, quasi sub specie aeternitatis, o con un riferimento, fuori del tempo, alla verità, il pensatore europeo q di primo acchito interessato a ricercare come si possa rendere ragione di una tale circostanza, o quale sia la genesi e il divenire di una tale dottrina nell' uno e nel­l'altro pensatore». Inoltre Lombardi individua anche quest'altra differenza: «la civiltà indiana è etico - religioso - speculativa, nel senso dell'unità, in quanto indirizzata alla ricerca della salvazione e culminante nell'idea dell'assoluto [...]. La civiltà europea è empirico - scientifico - filosofica, e insieme essa ha lavora­to a discriminare e distinguere, in primo luogo, sul terreno greco, il problema logico - filosofico da quello religioso, quindi a partire dal rinascimento, il pro­blema religioso e il problema filosofico dal compito proprio della scienza». Ma in ultima analisi, risultano "tradizionali" sia il pensiero occidentale che quello orientale in quanto entrambi si servono del concetto lombardiano della "realtà come assoluto", mentre, secondo Lombardi, la filosofia dovrebbe avere alla sua base il concetto della "realtà come persona". Infatti per quanto riguarda il primo, si tratta di una Realtà del mondo vista in terza persona, vale a dire nel senso «[...] di non lasciare fuori di sé la realtà di nessun' altra cosa o soggetto che si possa opporre a essa, la realtà, in quanto questa è - per essenza - infinita». Invece il secondo è la realtà dell' individuo «[...] che, in quanto soggetto [...] non può dipendere da altro, giacché esso e" piuttosto il centro e principio trascendentale di ogni esperienza sua [...]».
 

In secondo luogo, bisogna notare che il concetto lombardiano di speculazio­ne teologico - cosmogonica finisce per coincidere con il concetto di filosofia tra­dizionale che abbiamo appena visto e lo chiarifica ulteriormente. Infatti Lombardi lo definisce efficacemente in questo modo: «Essa - la speculazione teologico - cosmogonica - è caratterizzata dal fatto di affrontare il problema della filosofia, di una giustificazione del valore e insieme dei concetti che 1' uomo si trova ad adoperare nella sua vita di tutti i giorni, nei termini propri della rifles­sione e starei per dire dell' angoscia religiosa, che si traduce nella domanda "donde l'essere?". Quella speculazione si pone perciò immediatamente come una riflessione intorno al problema dell'origine del mondo da Dio, o del non -essere dall'essere, insieme come la spiegazione dell' origine della molteplicità dall'uno, o del divenire e del tempo dall'eterno». Dunque anch' essa si fonda sul concetto di Realtà del mondo come assoluto, in quanto altrimenti non potrebbe sussistere affatto. Di conseguenza il difetto della filosofia tradizionale consiste proprio nel confondere i diversi ambiti della religione e della filosofia attraver­so la domanda: " donde 1' essere?"; soprattutto considerando che quest' ultima questione non appartiene alla filosofia, per la quale non ci si domanda da dove viene 1' essere, ma 1' essere esiste di per sé. Ora appare chiaro come la specula­zione teologico - cosmogonica si sviluppi attraverso le antinomie speculative del pensiero europeo, le quali costituiscono le insanabili contraddizioni proprie della personalità umana in cui cade questo tipo di riflessione. Di conseguenza esse sono in un certo senso ineliminabili. E veniamo alla loro descrizione: la prima antinomia riguarda la contrapposizione del razionalismo all'empirismo, del pensiero o della ragione all'esperienza. Essa è fonte di molte opposizioni: i concetti universali e razionali \ il particolare, la sensazione o il dato; le proposi­zioni logiche, razionali o analitiche \ le proposizioni d' esperienza, fattuali o sin-tetiche; 1'a- priori \ l'a-posteriori; la deduzione \ l'induzione ecc. Alla base c'è un netto dualismo tra il concetto razionale, universale, a- priori e 1' esperienza dei sensi, in quanto considerati di diversa natura. A questa antinomia risale anche il secolare contrasto sui rispettivi ruoli della filosofia e della scienza. La secon­da antinomia riguarda invece il dualismo di spiritualismo inteso come immate­rialismo e materialismo che nell'uomo si traduce nel rapporto anima e corpo. Essa ha origine storicamente, secondo Lombardi, in Descartes. Il porre 1' esi­stenza dell' immateriale nasce proprio dall' esigenza puramente umana di con­quistare l'immortalità. La terza antinomia è quella che contrappone il particola­re all’universale. È quella più importante se si pensa che la speculazione teolo­gico - cosmogonica non sa giustificare 1' esistenza dell' individuo. La quarta antinomia oppone l'essere ( della verità ) al divenire, vale a dire la filosofia anti­ca alla moderna. Essa è nata con la filosofia aristotelica. Infine la quinta antino­mia riguarda il problema della libertà opposta alla necessità (o determinismo).

Infine in terzo luogo, al concetto di filosofia tradizionale o di speculazione teologico - cosmogonica, Lombardi contrappone la propria filosofia umanistica. Per quest'ultima s'intende, molto sinteticamente, il tentativo di recuperare dignità e al tempo stesso storicità per 1' uomo attraverso il concetto di "libertà pesante". In generale la libertà è definita: «[...] come una libertà quale "crisi": intendendo "crisi" nel senso originario del termine, che vale così "sentenza" come "decisione"». Invece in particolare la " libertà pesante " è quella secondo cui «[...] per ogni e qualsiasi atto, e parimenti per ogni parola che pronunziarne, dobbiamo impegnarci con tutte le forze [...] del corpo e dello spirito, e solleva­re con noi l'intera situazione, che pesa su di noi come una coltre pesante che dobbiamo sollevare e solleviamo, alzandoci o soltanto muovendoci, insieme con noi».

I. La definizione del " paradosso " della religione in Lombardi.

Innanzitutto abbiamo scelto come protagonista del presente saggio "il para­dosso o 1' antinomia della religione" così come la sviluppa Lombardi, in quanto quest'ultima si rivela interessante per due consguenze che da essa derivano: 1) la critica alla filosofia tradizionale; 2) la religione ha un ruolo soltanto pratico nella vita umana. Questo secondo aspetto viene poi illustrato anche in contrap­posizione al ruolo della filosofia. In un tale contesto vengono poi inseriti altri punti di vista che chiariscono maggiormente il paradosso della religione e le sue conseguenze.

In generale, Lombardi pone la questione del rapporto con la religione quan­do si rende conto della inconciliabilità della speculazione teologico - cosmogo­nica con la sua filosofia umanistica, in quanto o esiste Dio e 1' Assoluto come realtà perfettissima (posto dalla prima come vera realtà e unica fonte di cono­scenza e dunque di verità) o l'uomo come individuo autonomo, libero e respon­sabile (posto dalla seconda al centro della propria riflessione con le caratteristi­che qui individuate). E proprio Dio e l'uomo rappresentano le due estremità che costituiscono il "paradosso" protagonista di questo saggio. In altre parole, ciò significa che la speculazione teologico - cosmogonica si può esprimere attraver­so l'affermazione dell' esistenza di Dio per sussistere autonomamente e vice­versa la filosofia umanistica attraverso 1' esistenza dell'uomo. Quindi ora appa­re chiaro che i due enti si escludono a vicenda per Lombardi: non possono esi­stere entrambi perché il loro stesso esistere, come si è già intravisto, è una con­traddizione in termini. E qui siamo giunti alla definizione del "paradosso".

Ecco come viene spiegato: «[...] l'antinomia immanente alla religione e ad ogni religione » è per un lato che «Dio è - o deve essere - tutto; per 1' altro lato, per lo meno di fronte, e perciò di contro al Dio, c’è l'individuo ed il peccatore, il quale vuole salvarsi nel Dio, vuole però salvarsi lui, distinguendosi perciò dal Dio. Da un lato sta perciò il dogma della predestinazione e della grazia; dall'al­tro sta per sempre reinsorgente 1' affermazione del libero arbitrio o del peccato [...]. Ciò però significa anche che, se io sono o se l'individuo è, Dio non è - o non è il Tutto». In altre parole, in modo ancora più chiaro e radicale si domanda Lombardi: «Come può fare Dio, in quanto è un essere perfettissimo, che vi sia un altro, fuori di sé, che ripeta autonomia, e si possa intendere pertanto come responsabile?» Quest'ultimo è un' interrogativo assai interessante, a mio parere, in quanto problematizza il ben noto problema filosofico e teologico del libero arbitrio, nel senso che mette in evidenza come 1' affermazione sulla relazione tra Dio e 1' uomo implichi una "chiusura", ossia nega la possibilità di una effettiva libertà. Infatti se si parte dal presupposto che Dio come assoluto è per definizio­ne l'artefice della vera libertà, l'individuo agirebbe solo in quanto manifestazio­ne dell' assoluto, senza avere la possibilità di decidere realmente sulla propria vita. Si tratta quindi di una relazione non fondata tra due enti tra loro autonomi, ma di uno solo: Dio. Così appare ora evidente che non ci può essere un' "aper­tura" dell' uomo verso Dio, altrimenti si ricade nel paradosso che abbiamo visto. Tutto ciò è inaccettabile per Lombardi, per il quale risultano fondamentali per l'appunto da un lato l'affermazione di «[...] una filosofia più schiettamente ed intrinsecamente laica, o della libertà», dalF altro la consapevolezza che que­st'ultima sia possibile soltanto guadagnando all'individuo la responsabilità delle proprie azioni e del proprio pensiero senza l'aiuto di Dio.

Ma analizziamo la questione del paradosso anche da un altro interessante punto di vista, quello che individua la totale diversità che esiste tra i due termi­ni dell' antinomia; il che avviene in tre modi principalmente. In primo luogo: «La categoria del peccato è ambivalente, giacché vale, per un lato, a costituire la necessità della redenzione del peccatore [...]; per altro lato vale a difendere, di contro all’assolutezza di Dio [...], l'individualità del peccatore di fronte e per­ciò anche di contro al Dio, giacché soltanto questo Dio non può: peccare per me». In secondo luogo, essa aumenta anche se si pensa che «[...] Dio non può "pensare", in quella stessa misura in cui il pensiero è giudizio, mediazione o pro­cesso, e cioè è pensare nel tempo». In terzo luogo, infine «[...] questo incontro dell' attimo - rappresentato dalla temporalità dell' uomo - con la eternità - rap­presentata a sua volta da Dio - costituisce il paradosso della religione [...]»; poi­ché infatti «[...] fra il tempo e 1' eternità vi è l'abisso, essi sono [...] non quanti­tativamente, bensì qualitativamente diversi». Quest'ultima affermazione è importante proprio perché mira a spiegare come colui che stabilisce questo rap­porto tenda ad attribuire ai due termini che lo compongono una differenza sol­tanto quantitativa, senza invece avvertire la distanza che li separa.

II. Le ragioni " antropologiche " della religione in Lombardi.

Ora proprio la relazione tra i due termini dell' antinomia che abbiamo appe­na illustrato sopra porta, a mio parere, all’interessante "apparente paradosso" individuato da Marco Maria Olivetti, il quale ci introduce ad un altro tema caro a Lombardi: l'individuazione delle ragioni "antropologiche" della religione. Infatti secondo Olivetti in Lombardi esiste: «[...] da un lato l'affermazione di una filosofia laica e dall'altro lato il costante interesse per il problema della religio­ne». Si tratta di un "apparente paradosso" nella misura in cui «[...] l'essenza della religione, è strettamente connessa al tema dell' individualità [...]». In que­st'ultima asserzione è, a mio avviso, implicito il riferimento alle ragioni "antro­pologiche" della religione individuate da Lombardi, le quali mettono in evidenza proprio la relazione tra l'essenza della religione e il tema dell' individualità. Ciò diventa lampante nella seguente citazione: «se il tempo e la l'eternità si pre­sentano come congiunti nella coscienza comune, ciò avviene di sulla base della esperienza religiosa, nella quale l'individuo tende a evadere dal fluire e perire delle cose, come si dice di questo mondo - tende cioè a evadere dal tempo - per trovare rifugio ed insieme salvezza, in' altra vita, che gli si pone, pertanto, come eterna. La "vita eterna" si pone pertanto già in partenza, per la coscienza reli­giosa, come la negazione di questa vita, per lo meno in quanto questa viene assunta secondo il carattere della sua temporalità. [...] La primitiva aspirazione religiosa dell'uomo (per esempio nella esperienza più largamente diffusa del mondo classico) non si rivolge verso l’aternità, bensì soltanto verso una soprav­vivenza dell'individuo, verso un prolungarsi di questa vita in un al di là che si presenta con tutti i caratteri di questa vita, soltanto ci assicura più piacere, più gioia, più vita». E qui si trova confermata la spiegazione data da Olivetti, secon­do cui «la religione è compresa da Lombardi come affidamento ad altro da sé per salvare se stesso: ma se stesso come individuo; per salvare il valore: ma il valo­re in quanto personalmente e individualmente vissuto, ovvero individuato nella persona». Quindi non a caso troviamo scritto in Lombardi che: «[...] il motivo e l'anelito di una religione sorgerà o risorgerà sempre che, per uno sgomento di vita, l'uomo venga condotto a impetrare il concetto di un Altro, nel quale si affi­di. Le epoche della religione sono state sempre le ore dello sconforto nella vita degli individui, come in quella dei popoli, e quelle che si dicono le epoche di crisi hanno rappresentato nella storia della umanità la vigilia e quasi la culla dei grandi movimenti religiosi [...]». Di conseguenza ora si può facilmente com­prendere come 1' antinomia che abbiamo visto metta in luce per Lombardi pre­cisamente P origine della religione, dal momento che« fuori di questa aspirazio­ne ed insieme di questo rapporto personale di salvatore - redentore e peccatore -salvato, pare non vi sia religione». In altri termini, la radice ultima di una tale relazione, ossia della religione è la " paura della libertà". Così egli cerca «[...] rifugio nella dottrina di un unico pensiero e concetto, che sarebbe nell' indivi­duo, benché non sarebbe dell' individuo, e si ritroverebbe perciò in tutti come l'unico pensiero vero o come "il" pensiero tout court (apriori), di contro alle "opinioni", che sarebbero affidate alla libertà, anzi, come si dice sintomatica­mente, ali' arbitrio degli individui». Dunque la "paura della libertà" ha fatto sì che l'uomo si affidasse ad una Realtà assoluta e a lui trascendente, attribuendo ad essa tutto ciò che avrebbe voluto incarnare (la Perfezione, la Bontà, l'Unità etc...). Ecco in cosa consiste il processo d'identificazione dell' uomo in Dio. Ciò significa quindi attribuire a Dio caratteristiche che P uomo cerca di attuare in se stesso, pur con la consapevolezza di non riuscirci. In ultima analisi, è una rela­zione che esprime sfiducia nelle capacità umane di autorealizzazione.

III Il rapporto tra la filosofia e la religione.

A questo punto dopo quanto abbiamo detto nei paragrafi precedenti diventa urgente e fondamentale affrontare la questione da un altro punto di vista, osser­vando cioè che per Lombardi la filosofia ha in comune con la religione la ricerca di una verità somma, ma se ne differenzia per le modalità con cui la porta avanti, ossia la criticità. «[...] Perciò il concetto della filosofia non soltanto si presenta come verità, ma anche è e vale come tale. E viceversa il concetto cui la religione mette capo, si presenta come il concetto di una Realtà che racchiude in sé ogni valore, e perciò anche come il concetto della Verità; ma come un tale concetto esso si presenta secondo la volontà di fede del credente, su cui si fonda la necessità di quel concetto: e perciò il concetto che la religione fa valere si pre­senta, anzi si impone, come verità, ma non vive e vale come tale. [...] La filoso­fia, poiché secondo la sua essenza ritorna in quella di un pensiero critico, ha una storia: la quale è la propria storia e sostanza del concetto che essa presenta». Naturalmente bisogna tener presente che nel caso della filosofia, si tratta di una verità relativa nella misura in cui il singolo pensatore le attribuisce valore. Di conseguenza «[...] il concetto stesso della filosofia [...] fornisce ciò che il reli­gioso non richiede e che non saprebbe soddisfarlo, e cioè una soluzione, che è perciò di natura teoretica o universale, del problema della verità; e non fornisce ciò che il religioso richiede, (e che non soddisferebbe a sua propria volta il filo­sofo), e cioè una certa e determinata soluzione, positiva, del suo problema: che è in particolare il suo problema di vita», il quale ha anch'esso «[...] una soluzio­ne di ordine universale [...] e si presenta [...] come un pensamento totale dell'u­niverso [...]».

Dunque ecco spiegate le ragioni per cui la religione «[...] rappresenta la rea­lizzazione praticistica e la esigenza personalistica di un tale assolutizzamento del nostro accidentale vivere; dove la filosofia, e in generale la ricerca di una verità somma, in cui si fermi il dubitare dell' animo, rappresenta la forma critica o mediata di una tale esigenza. [...] Perciò l'esigenza di assolutezza, che si espri­me nella filosofia, vi si realizza secondo la ricerca di una verità, di cui 1' assolu­tezza non è diversa dalla criticità onde essa viene posta in essere [...] ». In con­clusione, appare chiaro che la religione e la filosofia si distaccano in quanto la prima è necessariamente legata al fatto della salvezza dell'uomo e quindi all'e­sistenza di una realtà perfettissima come Dio, senza perciò tener conto di «[...] una riflessione di ordine critico [...]» volta «[...] a realizzare un quadro com­possibile dell' universo » ; la quale costituisce precisamente la meta di ciò che dovrebbe essere la filosofia, ossia la filosofia umanistica lombardiana.

IV. La religione non è un problema teoretico.

Ora proprio perché la religione ha un ruolo pratico nella vita degli uomini, cioè in sostanza quello di dare un senso al loro vivere nella contingenza, «[...] il concetto della religione non è fatto per essere pensato, esso è fatto per essere cre­duto, cioè si fonda sulla cieca fede dell' uomo e sul bisogno che vi sia un prin­cipio al quale affidarsi e nel quale salvarsi». Infatti esso «[...] importa che la verità sua, in quanto è la verità di Dio, ci venga rivelata, ed il concetto di rivela­zione importa che essa valga puntualmente, fuori dal tempo [...] e questo si dimostra identico con quello della grazia. [...] In ultima analisi [...] il problema della religione non è un problema teoretico, e perciò anche da criticarsi, o da risolversi, sulla base di argomenti teoretici. Sarebbe perciò un errore se si volesse insistere a discutere su un piano teoretico 1' argomento presentato dalla rifles­sione religiosa [...]». Queste affermazioni si possono però comprendere e fonda­re sul fatto che l'antinomia della religione che abbiamo descritto più sopra non è risolvibile in termini logici. Infatti se si potesse trovare una soluzione di essa, ciò equivarrebbe ad ammettere che il problema della religione è una questione teoretica e questo, come si può notare, non è ammissibile. Tuttavia rimane il fatto che la «[...] religione [...] non è possibile in parte averla, e in parte non aver­la». Perciò rientra nei compiti del filosofo «[...] rendere una spiegazione di ciò che è religione». Non spetta dunque alla filosofia stabilire che cosa è la religio­ne, bensì perché essa esiste. E a questo proposito, Lombardi si rivela particolar­mente efficace, spiegando che «[...] nei confronti di una affermazione della esi­stenza di Dio, l'onere della prova spetta a coloro che 1' affermano, e in primo luogo si richiede che ci sappiano proporre un concetto del Dio che non sia in sé contraddittorio. In verità non sembra che ottemperino ad una tale richiesta quan­ti ci dicono che noi saremmo fatti a somiglianza del Dio (sic), o affermano che, quasi, collaboreremmo attraverso il nostro libero arbitrio, con lui. Così come non vediamo per quale modo possa il discorso che da parte teologale si fa, della ' partecipazione', non contraddire al concetto di una Realtà assoluta, "fuori della quale non si muove foglia che Dio non voglia", e che risolve pertanto in sé, con la volontà, ogni altra realtà che possa stare fuori e con ciò anche contro di essa. La superiorità o comunque la forza di chi è contro quelle posizioni ed afferma­zioni teologali, sta comunque in ciò, che noi cerchiamo di dare una spiegazione, e abbiamo comunque una comprensione, di quella aspirazione dell' uomo, ed essi soltanto al di qua di ciò che qui avanziamo ed affermiamo».

V. Feuerbach, Kierkegaard antesignani della critica lombardiana alla reli­gione.

Abbiamo già visto (cfr. II.) Feuerbach anticipare in un qualche modo il para­dosso della religione, che poi sarà nuovamente formulato da Kierkegaard in ter­mini ancora più vicini a Lombardi (cfr. IL). Ora a proposito di Feuerbach si legge: «[...] il pensiero di Feuerbach è alla base della teologia moderna, la quale non si potrebbe intendere senza di lui. Soltanto chi ha letto le pagine di Feuerbach sulla forza del miracolo, o sul desiderio teogonico, sa come Feuerbach sia fra gli scrittori più efficaci e io lo ritengo il primo fra i pensatori moderni a ricondurre il fatto religioso - di contro alla mortificazione e mistifica­zione pseudofilosofica hegeliana del fatto religioso - alla sua essenza pratica». Ma «Feuerbach intende di rigettare il sistema hegeliano sullo stesso terreno della considerazione filosofica: afferma la realtà dell' individuo, anche se non pervie­ne a rendere ragione di questo superamento filosofico della filosofia dell' idea­lismo». Così in questo contesto appare chiara la critica marxiana a Feuerbach secondo cui «[...] la stessa critica di Feuerbach rivolta tutta ad una critica della filosofia per risolvere il mito della religione nella forza del desiderio che in esso si oggettiva, è tuttora di natura ideologica». Una tale critica rappresenta precisa­mente un esempio di come la religione non debba essere considerata sul piano teoretico e del resto anche Marx le attribuiva eminentemente una valenza pratica. E tuttavia è da tener presente che un tale sviluppo storico della filosofia della religione si è verificato perché dopo Kant [...] non vi è nessuno che creda alla forza logica delle cosiddette prove dell' esistenza di Dio. Soltanto, l'esistenza di Dio non si è affidata mai su una "prova logica" dell' esistenza o meno di Dio».

Conclusione.

In Lombardi è implicita l'idea che bisogna scardinare l'atteggiamento reli­gioso con la filosofia, in quanto esso pone, come abbiamo visto, la vera realtà in una dimensione eterna ed immutabile, per poter poi recuperare la storicità del­l'individuo. Una tale idea è resa possibile innanzitutto dalla consapevolezza che la natura della religione è soltanto pratica. Ora " recuperare la storicità dell' indi­viduo" significa "recuperare" una morale che tenga conto delle circostanze di tempo e di luogo in cui un soggetto agisce ed in modo tale che un'azione abbia conseguenze nel futuro, ma non nel senso che fa parte di un disegno provviden­ziale che dall'esterno fa agire, ma perché può essa stessa diventare patrimonio delle generazioni future. Queste riflessioni, io credo, possano essere considerate un tentativo di risposta all’impegnativa domanda posta da Olivetti a conclusio­ne del suo saggio: «La morale è veramente alternativa rispetto ad una dimensio­ne della speranza?» Infatti alla luce di quanto abbiamo detto, direi che la rispo­sta di Lombardi suonerebbe: «La morale - precisata nel senso che abbiamo visto sopra - è alternativa alla dimensione della speranza». Tuttavia io credo che la dimensione della speranza, intesa da Olivetti come realizzazione di una comu­nità etica, possa essere attuata anche nell' ambito di una morale fondata sul mondo degli uomini di tipo lombardiano. Di conseguenza, essa non rappresenta una prerogativa esclusiva di una morale fondata invece sulla necessità della reli­gione e dunque della speranza in una vita migliore nell'aldilà.

                           francesca ghione

 

 

Nota bibliografica. Opere di Franco Lombardi:

-  Il mondo degli uomini. L'esperienza e l'uomo, (1935), Firenze, G. C. Sansoni, Voi. I, 1967.

-  Il mondo degli uomini. Il mondo morale, (1935), Firenze, G. C. Sansoni, Voi. II, 1967.

-  Concetto e problemi della storia della filosofia, (1953), Firenze, G. C. Sansoni, 1970.

-  Dopo lo storicismo, (1955), Firenze, G. C. Sansoni, 1970.

-  Problemi della libertà , Roma e Firenze, G. C. Sansoni, 1966.

-  Filosofia e società , Firenze, G. C. Sansoni, 2 voli., 1975.

-  Il mio testamento filosofico , Introduz. di R. Testa, Roma, Istituto dell'en­ciclopedia italiana, 1989.

 

 

Articoli di Franco Lombardi:

-  Concetto di una Realtà del mondo e concetto della persona, Napoli, 1933, pp. 11-81.

-  Metodologia e filosofia: il compito della filosofia, in "De nomine", 1962, n. 4, pp. 39 - 66.

-  Salterio. Ovvero alcune tesi sul problema del rapporto tra la ricerca positi­va, storica o scientifica etiamdio circa il problema del rapporto tra spirito-mente
- libertà e corpo - materia - determinismo, con particolare riguardo alla teoria dell'evoluzione , in "De nomine", nn. 53 - 56, 1975, pp. 452 - 584.

Altre fonti:

-  Negri, Antimo, II «mondo degli uomini» di Franco Lombardi e l'attualismo, in "Giornale critico della filosofia italiana", Voi. XVI, Fase. IV, Firenze, G. C. Sansoni, 1962, pp. 540 - 553.

-  Olivetti, Marco Maria, II problema religioso in Franco Lombardi, in AA. VV, L' esperienza e l'uomo nel pensiero di Franco Lombardi, Napoli, L'officina tipografica, 1993.

-  Plebe, Armando, La filosofia di Franco Lombardi , in A A. VV, Franco Lombardi, Torino, «Edizioni di filosofia», 1961.

-  Salvucci, Pasquale, Filosofia e «mondo degli uomini» in Franco Lombardi, in Pasquale Salvucci, Saggi, Argalia Editore, Urbino, 1963, pp. 219 - 225.

N. B. Le date contenute nelle parentesi tonde indicano la prima edizione delle opere citate.

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