di:
Francesca
Ghione
Introduzione
Prima di affrontare
il vero e proprio argomento del presente saggio, è necessario passare in
rassegna alcuni concetti fondamentali della filosofia lombardiana, senza i
quali il problema della religione in Lombardi, di cui qui si vuole parlare, risulterebbe
incomprensibile.
In primo luogo, bisogna tener
presente cosa intende Lombardi per il concetto di filosofia tradizionale. Infatti
essa comprende in sé sia il pensiero occidentale che quello orientale, ma
applicando al secondo schemi che in realtà apparterrebbero alla mentalità
occidentale. Di conseguenza egli non spiega in modo chiaro e convincente
perché tiene alla distinzione tra filosofia occidentale e filosofia orientale.
Infatti si limita a constatare che i concetti di "filosofia" e di
"religione" sono diversi nei due tipi di culture. Tuttavia egli
distingue il loro modo di porsi di fronte alla speculazione: «[...] ciò che
caratterizza 1' atteggiamento indiano rispetto all’atteggiamento del pensatore
europeo, è che, dove il primo si ferma a notare le concordanze - o le
differenze - di un pensatore come Piotino, o anche come Hegel, con il pensiero indiano
antico, quasi sub specie aeternitatis, o con un riferimento, fuori del tempo,
alla verità, il pensatore europeo q di
primo
acchito interessato a ricercare come si possa rendere ragione di una tale circostanza, o quale
sia la genesi e il divenire di una tale dottrina nell' uno e nell'altro pensatore».
Inoltre Lombardi individua anche quest'altra differenza: «la civiltà indiana è
etico - religioso - speculativa, nel senso dell'unità, in quanto indirizzata alla
ricerca della salvazione e culminante nell'idea dell'assoluto [...]. La civiltà europea è
empirico - scientifico - filosofica, e insieme essa ha lavorato a discriminare e
distinguere, in primo luogo, sul terreno greco, il problema logico - filosofico
da quello religioso, quindi a partire dal rinascimento, il problema religioso
e il problema filosofico dal compito proprio della scienza». Ma in ultima
analisi, risultano "tradizionali" sia il pensiero occidentale che
quello orientale in quanto entrambi si servono del concetto lombardiano della
"realtà come assoluto", mentre, secondo Lombardi, la filosofia dovrebbe
avere alla sua base il concetto della "realtà come persona". Infatti per
quanto riguarda il primo, si tratta di una Realtà del mondo vista in terza persona,
vale a dire nel senso «[...] di non lasciare fuori di sé la realtà di nessun' altra
cosa o soggetto che si possa opporre a essa, la realtà, in quanto questa è -
per essenza - infinita». Invece il secondo è la realtà dell' individuo «[...]
che, in quanto soggetto [...] non può dipendere da altro, giacché esso e"
piuttosto il centro e principio trascendentale di ogni esperienza sua
[...]».
In secondo luogo,
bisogna notare che il concetto lombardiano di speculazione teologico -
cosmogonica finisce per coincidere con il concetto di filosofia tradizionale che abbiamo appena visto e lo
chiarifica ulteriormente. Infatti Lombardi
lo definisce efficacemente in questo modo: «Essa - la speculazione teologico - cosmogonica - è caratterizzata dal
fatto di affrontare il problema della filosofia,
di una giustificazione del valore e insieme dei concetti che 1' uomo si trova ad adoperare nella sua vita di tutti i
giorni, nei termini propri della riflessione e starei per dire dell' angoscia religiosa, che si traduce nella
domanda "donde l'essere?". Quella speculazione si pone perciò immediatamente
come una riflessione intorno al
problema dell'origine del mondo da Dio, o del non -essere dall'essere, insieme come la spiegazione
dell' origine della molteplicità dall'uno,
o del divenire e del tempo dall'eterno». Dunque anch' essa si fonda sul
concetto di Realtà del mondo come assoluto, in quanto altrimenti non potrebbe sussistere affatto. Di conseguenza il difetto
della filosofia tradizionale consiste proprio nel confondere i diversi ambiti
della religione e della filosofia attraverso la domanda: " donde 1'
essere?"; soprattutto considerando che quest' ultima questione non
appartiene alla filosofia, per la quale non ci si domanda da dove viene 1' essere, ma 1' essere esiste di per sé.
Ora appare chiaro come la speculazione
teologico - cosmogonica si sviluppi attraverso le antinomie speculative del pensiero europeo, le quali costituiscono le
insanabili contraddizioni proprie della
personalità umana in cui cade questo tipo di riflessione. Di conseguenza esse sono in un certo senso ineliminabili. E
veniamo alla loro descrizione: la prima antinomia riguarda la contrapposizione
del razionalismo all'empirismo, del
pensiero o della ragione all'esperienza. Essa è fonte di molte opposizioni: i concetti universali e razionali \ il particolare,
la sensazione o il dato; le proposizioni logiche, razionali o analitiche \ le
proposizioni d' esperienza, fattuali o sin-tetiche; 1'a- priori \ l'a-posteriori; la deduzione \ l'induzione ecc.
Alla base c'è un netto dualismo tra
il concetto razionale, universale, a- priori e 1' esperienza dei sensi, in quanto considerati di diversa
natura. A questa antinomia risale anche il secolare contrasto sui rispettivi ruoli della filosofia e della
scienza. La seconda antinomia
riguarda invece il dualismo di spiritualismo inteso come immaterialismo e materialismo che nell'uomo si traduce
nel rapporto anima e corpo. Essa ha
origine storicamente, secondo Lombardi, in Descartes. Il porre 1' esistenza
dell' immateriale nasce proprio dall' esigenza puramente umana di conquistare l'immortalità.
La terza antinomia è quella che contrappone il particolare all’universale. È
quella più importante se si pensa che la speculazione teologico - cosmogonica
non sa giustificare 1' esistenza dell' individuo. La quarta antinomia oppone l'essere ( della verità ) al
divenire, vale a dire la filosofia antica alla moderna. Essa è nata con la
filosofia aristotelica. Infine la quinta antinomia riguarda il problema della libertà opposta alla necessità (o
determinismo).
Infine in terzo luogo, al concetto di filosofia tradizionale o di
speculazione teologico - cosmogonica, Lombardi contrappone la propria filosofia
umanistica. Per quest'ultima s'intende, molto sinteticamente, il tentativo di
recuperare dignità e al tempo stesso storicità per 1' uomo attraverso il
concetto di "libertà pesante". In generale la libertà è definita: «[...]
come una libertà quale "crisi": intendendo "crisi" nel
senso originario del termine, che vale così "sentenza" come
"decisione"». Invece in particolare la " libertà pesante "
è quella secondo cui «[...] per ogni e qualsiasi atto, e parimenti per ogni parola che
pronunziarne, dobbiamo impegnarci con tutte le forze [...] del corpo e dello spirito,
e sollevare
con noi l'intera situazione, che pesa su di noi come una coltre pesante che dobbiamo sollevare e
solleviamo, alzandoci o soltanto muovendoci, insieme con noi».
I. La definizione del
" paradosso " della religione in Lombardi.
Innanzitutto abbiamo
scelto come protagonista del presente saggio "il paradosso o 1' antinomia
della religione" così come la sviluppa Lombardi, in quanto quest'ultima si
rivela interessante per due consguenze che da essa derivano: 1) la critica alla
filosofia tradizionale; 2) la religione ha un ruolo soltanto pratico nella vita umana.
Questo secondo aspetto viene poi illustrato anche in contrapposizione al ruolo
della filosofia. In un tale contesto vengono poi inseriti altri punti di vista che
chiariscono maggiormente il paradosso della religione e le sue conseguenze.
In generale, Lombardi
pone la questione del rapporto con la religione quando si rende conto
della inconciliabilità della speculazione teologico - cosmogonica con la sua
filosofia umanistica, in quanto o esiste Dio e 1' Assoluto come realtà perfettissima
(posto dalla prima come vera realtà e unica fonte di conoscenza e dunque di
verità) o l'uomo come individuo autonomo, libero e responsabile (posto dalla
seconda al centro della propria riflessione con le caratteristiche qui
individuate). E proprio Dio e l'uomo rappresentano le due estremità che costituiscono il
"paradosso" protagonista di questo saggio. In altre parole, ciò significa che la
speculazione teologico - cosmogonica si può esprimere attraverso l'affermazione
dell' esistenza di Dio per sussistere autonomamente e viceversa la filosofia
umanistica attraverso 1' esistenza dell'uomo. Quindi ora appare chiaro che i due
enti si escludono a vicenda per Lombardi: non possono esistere entrambi perché
il loro stesso esistere, come si è già intravisto, è una contraddizione in
termini. E qui siamo giunti alla definizione del "paradosso".
Ecco come viene
spiegato: «[...] l'antinomia immanente alla religione e ad ogni religione » è
per un lato che «Dio è - o deve essere - tutto; per 1' altro lato, per lo meno di
fronte, e perciò di contro al Dio, c’è l'individuo ed il peccatore, il quale vuole
salvarsi nel Dio, vuole però salvarsi lui, distinguendosi perciò dal Dio. Da un lato sta
perciò il dogma della predestinazione e della grazia; dall'altro sta per
sempre reinsorgente 1' affermazione del libero arbitrio o del peccato [...]. Ciò però
significa anche che, se io sono o se l'individuo è, Dio non è - o non è il Tutto». In
altre parole, in modo ancora più chiaro e radicale si domanda Lombardi: «Come può
fare Dio, in quanto è un essere perfettissimo, che vi sia un altro, fuori di
sé, che ripeta autonomia, e si possa intendere pertanto come responsabile?»
Quest'ultimo è un' interrogativo assai interessante, a mio parere, in quanto
problematizza il ben noto problema filosofico e teologico del libero arbitrio, nel senso
che mette in evidenza come 1' affermazione sulla relazione tra Dio e 1' uomo
implichi una "chiusura", ossia nega la possibilità di una effettiva
libertà. Infatti se si parte dal presupposto che Dio come assoluto è per
definizione
l'artefice della vera libertà, l'individuo agirebbe solo in quanto manifestazione
dell' assoluto, senza avere la possibilità di decidere realmente sulla propria vita. Si tratta
quindi di una relazione non fondata tra due enti tra loro autonomi, ma di uno solo: Dio.
Così appare ora evidente che non ci può essere un' "apertura" dell' uomo
verso Dio, altrimenti si ricade nel paradosso che abbiamo visto. Tutto ciò è
inaccettabile per Lombardi, per il quale risultano fondamentali per l'appunto da un lato
l'affermazione di «[...] una filosofia più schiettamente ed intrinsecamente
laica, o della libertà», dalF altro la consapevolezza che quest'ultima sia
possibile soltanto guadagnando all'individuo la responsabilità delle proprie azioni e del
proprio pensiero senza l'aiuto di Dio.
Ma analizziamo la
questione del paradosso anche da un altro interessante punto di vista,
quello che individua la totale diversità che esiste tra i due termini dell' antinomia;
il che avviene in tre modi principalmente. In primo luogo: «La categoria del
peccato è ambivalente, giacché vale, per un lato, a costituire la necessità della
redenzione del peccatore [...]; per altro lato vale a difendere, di contro
all’assolutezza di Dio [...], l'individualità del peccatore di fronte e perciò
anche di contro al Dio, giacché soltanto questo Dio non può: peccare per me». In secondo
luogo, essa aumenta anche se si pensa che «[...] Dio non può "pensare",
in quella stessa misura in cui il pensiero è giudizio, mediazione o processo, e cioè è
pensare nel tempo». In terzo luogo, infine «[...] questo incontro dell' attimo
- rappresentato dalla temporalità dell' uomo - con la eternità - rappresentata a sua
volta da Dio - costituisce il paradosso della religione [...]»; poiché infatti «[...]
fra il tempo e 1' eternità vi è l'abisso, essi sono [...] non quantitativamente, bensì
qualitativamente diversi». Quest'ultima affermazione è importante proprio
perché mira a spiegare come colui che stabilisce questo rapporto tenda ad
attribuire ai due termini che lo compongono una differenza soltanto
quantitativa, senza invece avvertire la distanza che li separa.
II. Le ragioni
" antropologiche " della religione in Lombardi.
Ora proprio la
relazione tra i due termini dell' antinomia che abbiamo appena illustrato sopra
porta, a mio parere, all’interessante "apparente paradosso"
individuato da Marco Maria Olivetti, il quale ci introduce ad un altro tema
caro a
Lombardi: l'individuazione delle ragioni "antropologiche" della
religione. Infatti secondo Olivetti in Lombardi esiste: «[...] da un lato
l'affermazione di una filosofia laica e dall'altro lato il costante interesse
per il problema della religione». Si tratta di un "apparente paradosso"
nella misura in cui «[...] l'essenza della religione, è strettamente connessa al
tema dell' individualità [...]». In quest'ultima asserzione è, a mio avviso,
implicito il riferimento alle ragioni "antropologiche"
della religione individuate da Lombardi, le quali mettono in evidenza proprio la
relazione tra l'essenza della religione e il tema dell' individualità. Ciò diventa lampante
nella seguente citazione: «se il tempo e la l'eternità si presentano come
congiunti nella coscienza comune, ciò avviene di sulla base della esperienza
religiosa, nella quale l'individuo tende a evadere dal fluire e perire delle cose, come si
dice di questo mondo - tende cioè a evadere dal tempo - per trovare rifugio ed
insieme salvezza, in' altra vita, che gli si pone, pertanto, come eterna. La "vita
eterna" si pone pertanto già in partenza, per la coscienza religiosa, come la
negazione di questa vita, per lo meno in quanto questa viene assunta secondo il
carattere della sua temporalità. [...] La primitiva aspirazione religiosa
dell'uomo (per esempio nella esperienza più largamente diffusa del mondo classico) non
si rivolge verso l’aternità, bensì soltanto verso una sopravvivenza
dell'individuo, verso un prolungarsi di questa vita in un al di là che si
presenta con tutti i caratteri di questa vita, soltanto ci assicura più
piacere, più gioia, più vita». E qui si trova confermata la spiegazione data da
Olivetti, secondo cui «la religione è compresa da Lombardi come affidamento ad altro
da sé per salvare
se stesso: ma se stesso come individuo; per salvare il valore: ma il valore in
quanto personalmente e individualmente vissuto, ovvero individuato nella
persona». Quindi non a caso troviamo scritto in Lombardi che: «[...] il motivo
e l'anelito
di una religione sorgerà o risorgerà sempre che, per uno sgomento di vita, l'uomo venga
condotto a impetrare il concetto di un Altro, nel quale si affidi. Le epoche della
religione sono state sempre le ore dello sconforto nella vita degli individui,
come in quella dei popoli, e quelle che si dicono le epoche di crisi hanno
rappresentato nella storia della umanità la vigilia e quasi la culla dei grandi movimenti
religiosi [...]». Di conseguenza ora si può facilmente comprendere come 1'
antinomia che abbiamo visto metta in luce per Lombardi precisamente P origine
della religione, dal momento che« fuori di questa aspirazione ed insieme di
questo rapporto personale di salvatore - redentore e peccatore -salvato, pare non vi
sia religione». In altri termini, la radice ultima di una tale relazione, ossia
della religione è la " paura della libertà". Così egli cerca «[...] rifugio nella
dottrina di un unico pensiero e concetto, che sarebbe nell' individuo, benché non
sarebbe dell' individuo, e si ritroverebbe perciò in tutti come l'unico pensiero vero
o come "il" pensiero tout court (apriori), di contro alle "opinioni",
che sarebbero affidate alla libertà, anzi, come si dice sintomaticamente, ali' arbitrio
degli individui». Dunque la "paura della libertà" ha fatto sì che
l'uomo si affidasse ad una Realtà assoluta e a lui trascendente, attribuendo ad essa tutto ciò che
avrebbe voluto incarnare (la Perfezione, la Bontà, l'Unità etc...). Ecco in
cosa consiste il processo d'identificazione dell' uomo in Dio. Ciò significa
quindi attribuire a Dio caratteristiche che P uomo cerca di attuare in se stesso, pur con la
consapevolezza di non riuscirci. In ultima analisi, è una relazione che
esprime sfiducia nelle capacità umane di autorealizzazione.
III Il rapporto tra la filosofia e la religione.
A questo punto dopo
quanto abbiamo detto nei paragrafi precedenti diventa urgente e fondamentale
affrontare la questione da un altro punto di vista, osservando cioè che per
Lombardi la filosofia ha in comune con la religione la ricerca di una verità
somma, ma se ne differenzia per le modalità con cui la porta avanti, ossia la
criticità. «[...] Perciò il concetto della filosofia non soltanto si presenta come
verità, ma anche è e vale come tale. E viceversa il concetto cui la religione mette capo,
si presenta come il concetto di una Realtà che racchiude in sé ogni valore, e
perciò anche come il concetto della Verità; ma come un tale concetto esso si
presenta secondo la volontà di fede del credente, su cui si fonda la necessità di quel
concetto: e perciò il concetto che la religione fa valere si presenta, anzi si
impone, come verità, ma non vive e vale come tale. [...] La filosofia, poiché
secondo la sua essenza ritorna in quella di un pensiero critico, ha una storia: la quale è
la propria storia e sostanza del concetto che essa presenta». Naturalmente bisogna
tener presente che nel caso della filosofia, si tratta di una verità relativa nella
misura in cui il singolo pensatore le attribuisce valore. Di conseguenza «[...]
il concetto stesso della filosofia [...] fornisce ciò che il religioso non
richiede e che non saprebbe soddisfarlo, e cioè una soluzione, che è perciò di natura
teoretica o universale, del problema della verità; e non fornisce ciò che il
religioso richiede, (e che non soddisferebbe a sua propria volta il filosofo), e cioè una
certa e determinata soluzione, positiva, del suo problema: che è in particolare il
suo problema di vita», il quale ha anch'esso «[...] una soluzione di ordine
universale [...] e si presenta [...] come un pensamento totale dell'universo [...]».
Dunque ecco spiegate
le ragioni per cui la religione «[...] rappresenta la realizzazione
praticistica e la esigenza personalistica di un tale assolutizzamento del nostro accidentale
vivere; dove la filosofia, e in generale la ricerca di una verità somma, in cui si
fermi il dubitare dell' animo, rappresenta la forma critica o mediata di una
tale esigenza. [...] Perciò l'esigenza di assolutezza, che si esprime nella filosofia,
vi si realizza secondo la ricerca di una verità, di cui 1' assolutezza non è diversa
dalla criticità onde essa viene posta in essere [...] ». In conclusione, appare
chiaro che la religione e la filosofia si distaccano in quanto la prima è
necessariamente legata al fatto della salvezza dell'uomo e quindi all'esistenza
di una realtà perfettissima come Dio, senza perciò tener conto di «[...] una riflessione
di ordine critico [...]» volta «[...] a realizzare un quadro compossibile
dell' universo » ; la quale costituisce precisamente la meta di ciò che
dovrebbe essere la filosofia, ossia la filosofia umanistica lombardiana.
IV. La religione non è un problema teoretico.
Ora proprio perché la
religione ha un ruolo pratico nella vita degli uomini, cioè in sostanza
quello di dare un senso al loro vivere nella contingenza, «[...] il concetto della
religione non è fatto per essere pensato, esso è fatto per essere creduto, cioè si fonda
sulla cieca fede dell' uomo e sul bisogno che vi sia un principio al quale
affidarsi e nel quale salvarsi». Infatti esso «[...] importa che la verità sua, in
quanto è la verità di Dio, ci venga rivelata, ed il concetto di rivelazione importa che
essa valga puntualmente, fuori dal tempo [...] e questo si dimostra identico
con quello della grazia. [...] In ultima analisi [...] il problema della
religione non è un problema teoretico, e perciò anche da criticarsi, o da risolversi, sulla
base di argomenti teoretici. Sarebbe perciò un errore se si volesse insistere a
discutere su un piano teoretico 1' argomento presentato dalla riflessione
religiosa [...]». Queste affermazioni si possono però comprendere e fondare sul fatto che
l'antinomia della religione che abbiamo descritto più sopra non è risolvibile in
termini logici. Infatti se si potesse trovare una soluzione di essa, ciò equivarrebbe ad
ammettere che il problema della religione è una questione teoretica e questo,
come si può notare, non è ammissibile. Tuttavia rimane il fatto che la «[...]
religione [...] non è possibile in parte averla, e in parte non averla». Perciò rientra
nei compiti del filosofo «[...] rendere una spiegazione di ciò che è
religione». Non spetta dunque alla filosofia stabilire che cosa è la religione, bensì perché
essa esiste. E a questo proposito, Lombardi si rivela particolarmente
efficace, spiegando che «[...] nei confronti di una affermazione della esistenza di Dio,
l'onere della prova spetta a coloro che 1' affermano, e in primo luogo si richiede
che ci sappiano proporre un concetto del Dio che non sia in sé contraddittorio. In
verità non sembra che ottemperino ad una tale richiesta quanti ci dicono che noi
saremmo fatti a somiglianza del Dio (sic), o affermano che, quasi, collaboreremmo
attraverso il nostro libero arbitrio, con lui. Così come non vediamo per quale
modo possa il discorso che da parte teologale si fa, della ' partecipazione', non
contraddire al concetto di una Realtà assoluta, "fuori della quale non si
muove foglia che Dio non voglia", e che risolve pertanto in sé, con la volontà, ogni
altra realtà che possa stare fuori e con ciò anche contro di essa. La superiorità o
comunque la forza di chi è contro quelle posizioni ed affermazioni teologali,
sta comunque in ciò, che noi cerchiamo di dare una spiegazione, e abbiamo comunque
una comprensione, di quella aspirazione dell' uomo, ed essi soltanto al di
qua di ciò che qui avanziamo ed affermiamo».
V. Feuerbach, Kierkegaard antesignani della
critica lombardiana alla religione.
Abbiamo già visto
(cfr. II.) Feuerbach anticipare in un qualche modo il
paradosso della religione, che poi sarà nuovamente formulato da Kierkegaard in
termini
ancora più vicini a Lombardi (cfr. IL). Ora a proposito di Feuerbach si legge: «[...] il
pensiero di Feuerbach è alla base della teologia moderna, la quale non si potrebbe intendere senza di lui.
Soltanto chi ha letto le pagine di Feuerbach
sulla forza del miracolo, o sul desiderio teogonico, sa come Feuerbach sia fra gli scrittori più efficaci e io
lo ritengo il primo fra i pensatori moderni
a ricondurre il fatto religioso - di contro alla mortificazione e mistificazione pseudofilosofica hegeliana del fatto
religioso - alla sua essenza pratica». Ma
«Feuerbach intende di rigettare il sistema hegeliano sullo stesso terreno della
considerazione filosofica: afferma
la realtà dell' individuo, anche se non perviene a rendere ragione di questo superamento filosofico della filosofia
dell' idealismo». Così in questo contesto appare chiara la critica marxiana a
Feuerbach secondo cui «[...] la stessa critica di Feuerbach rivolta tutta ad
una critica della filosofia per
risolvere il mito della religione nella forza del desiderio che in esso si
oggettiva, è tuttora di natura ideologica». Una tale critica rappresenta
precisamente un esempio di come la religione non debba essere considerata sul
piano teoretico e del resto anche Marx le attribuiva eminentemente una valenza
pratica. E tuttavia è da tener presente che un tale sviluppo storico della
filosofia della religione si è
verificato perché dopo Kant [...] non vi è nessuno che creda alla forza logica
delle cosiddette prove dell' esistenza di Dio. Soltanto, l'esistenza di Dio non si è affidata mai su una "prova
logica" dell' esistenza o meno di Dio».
Conclusione.
In Lombardi è
implicita l'idea che bisogna scardinare l'atteggiamento religioso con la
filosofia, in quanto esso pone, come abbiamo visto, la vera realtà in una dimensione eterna
ed immutabile, per poter poi recuperare la storicità dell'individuo. Una tale
idea è resa possibile innanzitutto dalla consapevolezza che la natura della
religione è soltanto pratica. Ora " recuperare la storicità dell' individuo" significa
"recuperare" una morale che tenga conto delle circostanze di tempo e
di luogo in cui un soggetto agisce ed in modo tale che un'azione abbia conseguenze nel
futuro, ma non nel senso che fa parte di un disegno provvidenziale che
dall'esterno fa agire, ma perché può essa stessa diventare patrimonio delle generazioni
future. Queste riflessioni, io credo, possano essere considerate un tentativo di
risposta all’impegnativa domanda posta da Olivetti a conclusione del suo saggio:
«La morale è veramente alternativa rispetto ad una dimensione della speranza?»
Infatti alla luce di quanto abbiamo detto, direi che la risposta di Lombardi
suonerebbe: «La morale - precisata nel senso che abbiamo visto sopra - è alternativa
alla dimensione della speranza». Tuttavia io credo che la dimensione della
speranza, intesa da Olivetti come realizzazione di una comunità etica, possa
essere attuata anche nell' ambito di una morale fondata sul mondo degli uomini
di tipo lombardiano. Di conseguenza, essa non rappresenta una prerogativa
esclusiva di una morale fondata invece sulla necessità della religione e dunque della
speranza in una vita migliore nell'aldilà.
francesca ghione
Nota bibliografica. Opere di Franco Lombardi:
- Il mondo degli
uomini. L'esperienza e l'uomo, (1935), Firenze, G. C. Sansoni, Voi. I,
1967.
-
Il mondo degli uomini. Il mondo morale, (1935), Firenze,
G. C. Sansoni, Voi. II, 1967.
-
Concetto e problemi della storia della filosofia, (1953),
Firenze, G. C. Sansoni, 1970.
-
Dopo lo storicismo, (1955), Firenze, G. C. Sansoni, 1970.
-
Problemi della libertà , Roma e Firenze, G. C. Sansoni,
1966.
-
Filosofia e società , Firenze, G. C. Sansoni, 2 voli.,
1975.
-
Il mio testamento filosofico , Introduz. di R. Testa,
Roma, Istituto dell'enciclopedia italiana, 1989.
Articoli di Franco
Lombardi:
- Concetto di una
Realtà del mondo e concetto della persona, Napoli, 1933, pp. 11-81.
-
Metodologia e filosofia: il compito della filosofia, in
"De nomine", 1962, n. 4, pp. 39 - 66.
-
Salterio. Ovvero alcune tesi sul problema del rapporto
tra la ricerca positiva, storica o scientifica etiamdio circa il problema del
rapporto tra spirito-mente
-
libertà e corpo - materia - determinismo, con particolare riguardo alla teoria dell'evoluzione , in
"De nomine", nn. 53 - 56, 1975, pp. 452 - 584.
Altre fonti:
- Negri, Antimo, II
«mondo degli uomini» di Franco Lombardi e l'attualismo, in "Giornale
critico della filosofia italiana", Voi. XVI, Fase. IV, Firenze, G. C. Sansoni,
1962, pp. 540 - 553.
-
Olivetti, Marco Maria, II problema religioso in Franco
Lombardi, in AA. VV, L' esperienza e l'uomo nel pensiero di Franco Lombardi, Napoli,
L'officina tipografica, 1993.
-
Plebe, Armando, La filosofia di Franco Lombardi , in A
A. VV, Franco Lombardi, Torino, «Edizioni di filosofia», 1961.
-
Salvucci, Pasquale, Filosofia e «mondo degli uomini» in
Franco Lombardi, in Pasquale Salvucci, Saggi, Argalia Editore, Urbino, 1963, pp. 219 -
225.
N. B. Le date
contenute nelle parentesi tonde indicano la prima edizione delle opere citate.
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